Questa è la storia di un film favoloso che mi sono sparato ieri in facoltà...
ve lo consiglio vivamente cari bloggerini ..
>>> La prima cosa che colpisce del film è evidentemente il nome del regista: Luciano Ligabue. Proprio lui, il famoso cantante al top delle classifiche, lo stesso che ha suscitato e suscita l'entusiasmo delle platee e acclamato da centinaia di fan.
Ma che Ligabue abbia fatto il gran salto, passando dietro la cinepresa, non è poi tanto strano. Lui è un personaggio versatile.
Ce lo dice la sua vita irrequieta, cosparsa di eterogenee esperienze che annovera i lavori più disparati, fra cui quello di conduttore radiofonico.
Ed è proprio tutto questo materiale che gli ha fatto desiderare di scrivere un libro di racconti, fuori e dentro il borgo, in cui sono narrati quegli anni Settanta che fanno da sfondo al suo film.
Radiofreccia è la storia di cinque ragazzi e di una radio nella provincia della Bassa Padana, al tempo in cui per procurarsi un diritto d'antenna non era così difficile. Ne sentono parlare nel bar di Adolfo (Francesco Guccini) che è il loro punto di aggregazione. Nasce così Radio Raptus, ribattezzata Freccia, il giorno in cui viene ritrovato morto per overdose in un fosso Ivan Benassi, detto Freccia, perché ha sulla tempia una voglia con questa forma.
Freccia diventa il leader del gruppo formato da Jena, Boris, Tito e Bruno, il quale nel 1993 manda in onda l'ultima trasmissione della radio che sta chiudendo per sempre.
Il narratore è Bruno: lui ha fortissimamente voluto e creato Radiofreccia, quindi spetta a lui, ricordare cosa è accaduto in questi quasi diciotto anni, le trasmissioni si interrompono il 24 aprile 1993, un minuto prima del diciottesimo anno in cui sarebbe diventata adulta. Tutto ruota intorno a Freccia (uno straordinario Stefano Accorsi): bello, coraggioso, leale, simpatico..., poi arriva la droga e con questa l'isolamento, ma anche la voglia di uscirne, d'innamorarsi ancora, purtroppo della ragazza sbagliata.
Gli argomenti che tratta il film hanno spessore, ma non sono sviluppati in modo pesante, di veramente pesante c'è l'apparizione magica di un animale assurdo... un ippopotamo.
Ligabue dirige con schiettezza e vera maestria. E' come nelle sue canzoni ritroviamo la realtà a volte anche cruda , ma sempre accompagnata anche da molta fantasia e ironia (a questo proposito trovo interessanti i siparietti che appaiono di tanto in tanto durante la storia).
La colonna sonora è elemento irrinunciabile di scrittura, con titoli cult degli anni Settanta e non solo: Can't Help Falling in Love di Elvis Presley (suonata dalla banda del borgo), Sweet Home Alabama dei Lynyrd Skynyrd, Run Through the Jungle dei Creedence Clearwater Revival, Love is the Drug dei Roxy Music, Rebel Rebel di David Bowie, Don't Stop dei Fleetwood Mac, My Sharona dei Knack e altri. In più inediti e temi composti dallo stesso Ligabue.
La fotografia di Arnaldo Catinari bene interpreta la realtà del film, usa la luce come fosse un altro attore e ricrea con la luce il percorso narrativo del film stesso.
Straordinario il lavoro di Stefano Giambanco qui nella doppia veste di scenografo e costumista. La ricostruzione del bar Laika dove si svolgono molte scene è un altro elemento narrativo. Giambanco, come costumista, ha ben evidenziato la componente del colore marrone dell'abbigliamento che sottolinea maggiormente quel senso di pallore, di sofferenza, di scolorito e di desolazione.
Il montaggio di Angelo Nicolini, ha il ritmo narrativo della memoria, con accelerazioni e pause, il pennello più sottile e pastoso svela la giovinezza come un campo aperto e ventoso, un'avventura e uno spreco prima di attraversare la linea d'ombra.
Via dal Borgo 2... il Rock
Rock e cinema è un connubio già sperimentato da altre cinematografie e che ora si arricchisce di un capitolo tutto italiano grazie al coraggio del produttore Domenico Procacci e all'«incoscienza» della rockstar Luciano Ligabue. Radiofreccia è il primo film italiano che racconta una storia tutta rock. La storia è bella, anzi effervescente in alcuni personaggi secondari, nati dalla realtà e potenziati dalla fantasia. Molti degli attori sono originari dell'Emilia e sono stati scelti anche con il desiderio di dare una precisa forza linguistica alla storia. Sono voci di una terra, che si sentono, si diffondono, si propagano dai microfoni di Radiofreccia. E infine la musica. Titoli cult degli anni Settanta.
Dal 1975 al 1978 le radio libere vissero veramente un periodo d'oro: erano naif, fatte in casa, esprimevano un senso di libertà entusiasmante. Ognuno poteva dire quello che voleva, senza filtri, con passione. Il rapporto con gli ascoltatori era caldo, c'era la
Voglia di capire, di approfondire gli stessi argomenti. L'FM era vuota, con un trasmettitore da due watt si occupavano 30 chilometri. Si racimolava un milione, si apriva la radio. Certo non c'era solo questo, furono anche anni di piombo, il film non pretende di offrire uno spaccato storico, ma semplicemente la storia di cinque ragazzi e la loro voglia di uscire dal borgo attraverso la loro radio libera e la musica rock.
Furono quelli a metà degli anni Settanta per i giovani di allora giorni di ebbrezza, con una disponibilità accresciuta di titoli e artisti nei negozi, l'avvento delle radio libere, la nascita improvvisa, inarrestabile di riviste, di associazioni, di agenzie che finalmente trattavano con cognizione di causa il verbo rock e allo stesso tempol offrivano diritto di cittadinanza alle esperienze indigene, a quelle band che tentavano di definire e delineare una via originale, partendo dalla terra italiana. Naturalmente si sono dovuti scontare gli indugi di una così faticosa messa in moto, con le conseguenze ovvie di banalità imperversanti, di presentuosi dilettanti allo sbaraglio, di fuochi fatui accesi unicamente per interessi discografici.
La musica italiana a denominazione rock, ora vive momenti di vigore, fermenti prodigiosi si sono moltiplicati nella propagazione di proposte alternative.
E' una frenesia inconsueta, quella che attraverso la geografia del rock italiano, impossibile da fotografare perché in continua e disperante evoluzione, con una memorabile varietà di stili e soggetti pronti a scendere in campo.
Certo è complicato selezionare, scegliere, filtrare, perché adesso si rischia la crisi di abbondanza, con il pericolo e il dubbio di non poter assorbire tutta la massa di musiche e musicisti a disposizione. Anche in questa caotica voglia di intervenire, il popolo del rock riflette le istanze e gli umori più complessi della nostra società, dove tutto è stato buttato all'aria e ognuno si interroga vivacemente su come e cosa ricostruire.
Ma una cosa è certa, per chi come Ligabue tiene le antenne ben alzate nel cammino che ci condurrà a fine secolo, questa musica non ci annoierà di sicuro.
Via dal Borgo 3... la droga
Nel film si parla di droga, perché il protagonista muore. Ligabue tratta questo argomento con grande sincerità, senza nessuna predica, senza prendere posizione pro o contro, solo spiega le cose come stavano in quegli anni. Oggi se uno si "fa" sa quello a cui va incontro, allora non era così. Si pensava che "'farsi" fosse da duro e che si potesse smettere in qualsiasi momento. Un errore che ha mietuto molte vittime. Freccia, la sera del primo buco, non si chiede il "perché", ma si risponde "perché no?".
Freccia racconta in diretta come è cascato nell'eroina, forse è il discorso più utile sentito su questo tema. Alla fine Bruno, come un cantastorie che a ritroso spiega le pagine di una cronaca ingiallita gli domanda se conoscendo le conseguenze, lo rifarebbe. Uno si aspetta una risposta retorica o buonista, invece Freccia chiude l'argomento con :«Questa è una domanda del cazzo». Ma quella siringa sporca di sangue a tutto schermo è più utile di qualsiasi campagna sociale sullo scambio delle siringhe infette.
L'ultima scena del film è un piano sequenza con un tuffo dall'alto e ritorno a pelo sopra la capote di una Mercedes, rubata da Freccia per amore e che gli darà fuoco per la rabbia di non essere corrisposto. Poi il fuoco sale alto. Freccia si siederà a contemplare il rogo di purificazione, in mezzo alle fiamme delle due Mercedes, stretto tra due fuochi prima del contrappasso dell'acqua del fosso in cui verrà ritrovato il suo cadavere.
Radiofreccia riesce a commuovere, per come canta la vita di questi giovani. Ma c'è soprattutto il senso di un universo tanto ricco quanto circoscritto, un posticino che vive di personaggi mitici che nessuno conoscerà mai, di avventure meravigliose che rimarranno per sempre fuori dalla storia ufficiale.
Via dal Borgo 4... il calcio
Nel film ci sono scene ambientate sul campo da pallone e negli spogliatoi. Forse perché il calcio è probabilmente la massima espressione concreta di una forma di vitalità davvero a stretto contatto con la terra.
Il film è onestissimo, perché Ligabue racconta gli anni Settanta a modo suo, secondo paesaggi e passaggi del borgo. Il tempo di questi cinque ragazzi è stato quello dell'uscita dolorosa dalla placenta tiepida del bar, del biliardo, dello scherzo in piazzetta: è stato un partorirsi alla speranza in mezzo a un campo di pallone, gridando il proprio ingresso nella vita dal microfono di una minuscola radio di paese.
Via dal Borgo 5... il west
Davanti al bar (saloon) Laika si svolge la scena del duello western tra Bonanza (uno dei tanti pazzi del paese, figli di una regione visionaria per natura) e Freccia. Bonanza che vive la sua vita come se fosse un film contro Freccia la cui vita sta diventando un film. L'epica emiliana si consuma qui, con i sassi al posto della polvere e gli spari finti al posto di quelli veri, mentre nella notte aleggiano lievi i fantasmi di Peckinpah e Leone e sulla pellicola si imprimono i riflessi del loro sguardo: i ralenti del primo, i dettagli del secondo. Ha studiato Ligabue, ha amato e studiato e nella parodia che gli serve per la sua storia rende comunque omaggio ai maestri.
Radio Freccia di Ligabue: il film, il libro e le altre storie
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Biografia di Ligabue
(1960)
Discografia di Ligabue
Fuori e dentro il borgo - Luciano Ligabue
I protagonisti dicono...
Radio Freccia
Radiofreccia di Ligabue:
in canna
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